sabato 14 maggio 2011

LA VERA DEVOZIONE







Riporto il primo capitolo della prima parte della “Introduzione alla vita devota” (detta normalmente “Filotea”), uno dei capolavori di quel grande santo e maestro di vita cristiana che è San Francesco di Sales (1567-1622). Secondo il mio modesto parere, sarebbe molto utile per ogni cristiano leggere e meditare spesso il brano da me riportato qui sotto. Per quanto mi riguarda, è sempre un dramma vedere la distanza abissale fra la mia vita di cristiano incoerente, seppur praticante, e quanto descritto in questo testo; spero tuttavia che questo dramma mi porti, prima o poi, ad una seria conversione:

"Arelio (pittore antico n.d.r.) dava a tutti i volti che dipingeva le sembianze e l'espressione delle donne che amava; ognuno si crea la devozione secondo le proprie tendenze e la propria immaginazione. Chi si consacra al digiuno, pensando di essere devoto perché non mangia, mentre ha il cuore pieno di rancore; e mentre non se la sente di bagnare la lingua nel vino e neppure nell'acqua, per amore della sobrietà, non avrà alcun scrupolo nel tuffarla nel sangue del prossimo con la maldicenza e la calunnia.
Un'altro penserà di essere devoto perché biascica tutto il giorno una filza interminabile di preghiere; e non darà peso alle parole cattive, arroganti e ingiuriose che la sua lingua rifilerà, per il resto della giornata, a domestici e vicini.
Qualche altro metterà mano volentieri al portafoglio per fare l'elemosina ai poveri, ma non riuscirà a cavare un briciolo di dolcezza dal cuore per perdonare i nemici, ma di pagare i debiti non gli passerà nemmeno per la testa; ci vorrà il tribunale.
Tutta questa brava gente, dall'opinione comune è devota ma non lo è per niente.
[...] La vera e viva devozione, Filotea, esige l'amore di Dio, anzi non è altro che un vero amore di Dio; non un amore genericamente inteso.
[...] A dirlo in breve la devozione è una sorta di agilità e vivacità spirituale per mezzo della quale la carità agisce i noi o, se vogliamo, noi agiamo per mezzo suo, con prontezza e affetto. Ora, come è compito della carità farci praticare tutti i Comandamenti di Dio senza eccezioni e nella loro totalità, spetta alla devozione aggiungervi la prontezza e la diligenza. Ecco perché chi non osserva tutti i comandamenti di Dio non può essere giudicato ne buono né devoto.
Per essere buoni ci vuole la carità per essere devoti, oltre alla carità, bisogna avere grande vivacità e prontezza nel compierne gli atti.
[…] In conclusione, si può dire che la carità e la devozione differiscono tra loro come il fuoco dalla fiamma; la carità è un fuoco spirituale, che quando brucia con una forte fiamma si chiama devozione: la devozione aggiunge al fuoco della carità solo la fiamma che rende la carità pronta, attiva e diligente, non soltanto nell’osservanza dei comandamenti di Dio, ma anche nell’esercizio dei consigli e delle ispirazioni del cielo.”

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